Sunday, December 25, 2005

INTERVISTA A XABIER IRIONDO
Milano, Zona Isola

(Rockit)

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MR. BIZARRO & THE HIGHWAY EXPERIENCE
"HelloHell"
[Midfinger.net]
(SentireAscoltare)

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PASSAGGI SONORI
Un Romantico A Milano
(ROCKIT'mag n.31)

Sono uscito di casa abbassando il mento dentro l’enorme, soffice sciarpa rossa che è da un inverno che mi accompagna, annusando il mio fiato e nascondendone i segreti. Negl’auricolari “Call Me Home ” dei Maritime, e io mi chiedo perchè la musica così spesso ti prenda in giro beffarda, infilando il dito in una piaga che è arrovellamento quotidiano. Le radici. La casa vera. La terra. Perchè quando di cognome fai in un modo (Pastore) e metà del tuo sangue viene da un’isola così fiera di se stessa (la Sardegna), il turbamento crea un senso di disorientamento profondo. Ti giri verso via Custodi e dici “casa” e pensi a Veruno e dici “casa” e pensi alla provincia che uccide e ti incazzi e... dunque? Quali gli amici veri? Quali le scelte giuste? Partono i Baustelle. “Un Romantico A Milano ”, io godo, via i brutti pensieri e dentro le canzoni belle. Neanche il tempo di perdere coscienza che reale e onirico diventano una miscela inintellegibile e esplosiva e pericolosa. Porta Ticinese piove ma c ’è il sole, la darsena tormentata, il naviglio. Il random non esiste per chi crede nel disegno divino delle coincidenze. Così gioco con una lattina conservando le mani in tasca: sta arrivando il freddo, la pelle si arriccia. Aspetti che arrivi una bella canzone mentre aspetti lei, e vorresti che le due cose si compiessero assieme in uno stupendo amplesso orgiastico. Triplice come la Trinità. Ma non c’è bisogno che qualcuno ti spieghi che cose così le raccontano solo nei film e che c’è sempre una nuvola in un cielo sereno, anche se non si vede. E allora scalci la lattina più in là e si ferma nell’ansa di un tombino e fa rumore, ma tu sei dentro un vortice che è un assalto al cuore per davvero, e negl’auricolari c’è “Dentro Me” dei La Crus. (Fiato. L’ho visto volare via assieme alla tua bocca.) Mi fermo, alzo lo sguardo, passa una ragazza bellissima e mi stacco da terra e volo sopra Milano, e Milano vista di notte è bellissima, dolce, vorrei casa mia perchè fosse una casa vera. O forse vorrei credere che un giorno costruirò la stessa, magnifica cosa per la quale oggi i miei genitori ancora dormono nello stesso letto e non per convenienza. Ma è troppo presto per chi è rock‘n’roll. E’ troppo presto e basta. Parte “Electric Light” da “Is This Desire?” di PJ Harvey e improvvisamente ripiombo giù, lì, un tonfo assurdo verso Col Di Lana, a fianco al tombino e alla lattina. La guardo e sorride beffarda, pure lei. Non resta che alzarmi, mi aggiusto la giacca e scuoto la polvere. Mi guardo le mani, e sono diventate quelle di un vecchio schifoso, tutte piene di tagli, ruvide. Mi aggredisce lo spavento e allora stropiccio gli occhi quasi a non volerci credere, strofino quelle cose sulle palpebre come bambini con la lampada di Aladino. E per fortuna non è vero, maledetta sia la paura, ho ancora mani sane. Ma sono passate le canzoni e sono ancora qui: ho volato, sono caduto, ho aspettato, non è ancora arrivata, ho fame. Ho fame. S’arrota l’incipit di “My Father My King” dei Mogwai e per un attimo sento i passi pesanti del mio umore. Mi dirigo verso il kebabbaro di fiducia, là in darsena. Dovrò spegnere l’iPod per qualche canzone turca o qualche robaccia italiana, ma fiducia vuol dire anche dare margine all’altro. E sia. Mi affido al chinotto, lascio che Joseph riempia la carne di salsa piccante, e agguanto quel panino come fossero giorni che non mangiavo. Eppure mi sembrava fossero passati solo dieci minuti, era ieri che godevo ascoltando i Kaiser Chiefs, i Maximo Park, i Clor, Goldfrapp, Roisin Murphy. Ed oggi mi sembra tutto così vecchio, avrei voglia che si facesse tabula rasa di tutto, che il Mondo tornasse allo Zero, vorrei potermi stupire di nuovo. Come non ho mai fatto mai per davvero. Mi appoggio al muro, accendo una sigaretta e m’infiammo il palato. Guarderò la gente, non è ancora arrivata quella stronza. Passano bambini, passano giovani, passano vecchi. Sembra che gli adulti siano spariti. Sono tutti o vecchi o giovani. Ci sono tante modelle, belle che verresti subito. Ma io cerco due occhi diversi. Con due occhi diversi. E non c’è donna che mi lasci scampo, non c ’è rogo da cui nasca l’Amore. Vedo un grande fuoco e attorno tutti ballano: chi si avvicina si scotta, chi si avvicina troppo muore, chi balla una vita muore vecchio e felice. Dico basta, che vorrei un pensiero superficiale che renda la pelle splendida e bla bla bla. Mi impongo i Rakes, e di nuovo decollo senza aspettarmelo. Bum! Mi ritrovo proiettato in un mega schermo di fronte alla Manchester Arena, ho una t-shir t rossa che porta la scritta The Queen Is Wet sotto una grande immagine di Elisabetta che si fa leccare il pelo. Suono la chitarra su “We Are All Animals” e mi lanciano un paio di mutandine e strizzo l’occhio al batterista e piovono applausi e saluto il pubblico. Ed improvvisamente sono di nuovo qui. Milano, ore 23, di che giorno non so più. Nell’iPod suona “Forever Young ” degli Alphaville coverizzata dagli Youth Group. Mi guardo attorno, non conosco più nessuno, lei non è ancora arrivata. Per un attimo mi viene voglia di piangere, ma poi lascio perdere. Let ’s dance in style, let ’s dance for a while. E sia.